Le quattro tombe liguri, databili nei decenni centrali del II secolo a.C., sono caratterizzate dall'impiego, come struttura di protezione del cinerario e degli oggetti di corredo, di anfore vinarie, tagliate trasversalmente e poste nel terreno capovolte. I resti combusti del defunto erano raccolti entro un'olla d'impasto coperta da una coppa in ceramica a vernice nera. I corredi erano composti da vasellame da mensa (coppe, "bicchieri", brocche) e oggetti in bronzo relativi all'ornamento e all'abbigliamento personale, tra i quali fibule, un gancio di cintura e piccole borchie o "bottoni" da applicare su pelle o tessuto. Una tomba, certamente femminile, conteneva anche una fuseruola d'impasto e grani di collana in ambra.
L'uso dell'anfora come protezione del cinerario, che sostituisce la cassetta di lastre di pietra tipica delle sepolture liguri (Castelvecchio Pascoli; Levigliani; Vado di Camaiore), è documentato nel II secolo a.C., anche a Ponte a Moriano, nella Valdinievole e, forse, a Lucca stessa, e sembra risultare da un fenomeno di adattamento e commistione tra elementi culturali liguri apuani, ancora evidenti nella composizione dei corredi, con altri propri in generale del territorio etrusco-pisano e probabilmente diffusi dal processo di romanizzazione. Le quattro tombe di Marlia, posteriori alla fondazione coloniale di Lucca, testimoniano quindi la sopravvivenza di piccoli nuclei di Liguri che, probabilmente, avendo accettato il nuovo ordine imposto dai Romani, lasciarono gli originari insediamenti montani e furono accolti nel territorio agricolo della nuova città.
La continuità d'uso dell'area sepolcrale, nella piena età romana, è documentata dalla tomba, probabilmente databile in età augustea, che ha restituito un'olla-cinerario d'impasto. In questa sepoltura, coperta semplicemente da frammenti di laterizi, non sono più evidenti tratti culturali liguri.
Per l'epoca romana, la presenza di insediamenti sparsi nel territorio di Marlia è testimoniata anche dalla tomba rinvenuta presso le Officine Toschi, nella quale un'anfora di età augustea, venne impiegata per raccogliere le ceneri del defunto.
L'area sepolcrale di Marlia-Ponticello fu utilizzata ancora nel VII secolo d.C. per la tomba ad inumazione di un capo longobardo, seppellito con il suo corredo di armi (scudo, lancia e coltello) ed una ricca cintura con splendide decorazioni ageminate.