Le tracce più antiche individuate al Chiarone risalgono al periodo villanoviano, momento al quale sono riferibili i resti di una capanna e di altre semplici strutture annesse. Il vasellame d'impasto recuperato, in alcuni casi decorato con motivi geometrici incisi o dipinti, è databile nella seconda metà dell'VIII secolo a.C.
Dopo un periodo ancora oscuro, nel quale il sito venne abbandonato o ne sono andati perduti i sedimenti archeologici, una nuova e più consistente occupazione è documentata a partire dai decenni finali del VII secolo a.C. I resti di abitazioni e strutture in legno, numerosi anche se non sempre ben definibili, indicano la progressiva crescita dell'insediamento nel corso del VI secolo a.C. In questo periodo, accanto alla ceramica d'impasto, talvolta decorata con motivi impressi o applicazioni plastiche, si diffonde il vasellame in bucchero nero di probabile produzione pisana. Tra i rinvenimenti di questa fase, compare inoltre una fibula in bronzo decorata con linee e cerchi incisi.
Nel V secolo a.C., ai margini dell'insediamento più antico, venne costruita una nuova abitazione in legno, a pianta rettangolare, fornita di un ambiente annesso, forse aperto all'esterno, dal quale proviene un cippo a clava .
In questo periodo il vasellame da mensa in bucchero scompare, sostituito da nuove produzioni ceramiche, di colore grigio o beige-arancione. In un'area prossima all'abitazione venne infine ritrovato un bronzetto femminile, forse riferibile ad un piccolo luogo di culto domestico.
L'abbandono dell'insediamento di età arcaica e classica, ancora nel corso del V secolo a.C., fu probabilmente causato, come risulta anche a Tempagnano e Fossa Nera, da eventi alluvionali, ai quali si devono anche la perdita dei livelli di vita, in gran parte dilavati, e la presenza di un deposito limoso di origine fluviale che copre i resti delle abitazioni.
Nel II secolo a.C., con la colonizzazione romana, il sito venne nuovamente occupato. Di questo periodo restano le tracce di semplici strutture in legno disposte intorno ad un pozzo, ma l'impegno degli abitanti per riorganizzare e rendere ancora vivibile la piana, emerge chiaramente dalla presenza, sulla destra del fiume, di una massicciata stradale in ciottoli fluviali. Tra i numerosi reperti recuperati, è ben documentato il vasellame da mensa a vernice nera, in gran parte di produzione locale.
La "fattoria" romana, ristrutturata in età augustea con strutture murarie in ciottoli, venne completamente smantellata verso la metà del II secolo d.C., ottenendo un'ampia superficie, consolidata dai materiali della demolizione, per un ultimo tentativo di occupazione, che si protrae, forse, fino agli inizi del III secolo d.C.
Caratteristiche di questo periodo sono le ceramiche da mensa in terra sigillata italica e, dal II secolo d.C., in terra sigillata africana. Nell'ultimo periodo, accanto alle attività agricole e di allevamento, anche la pesca dovette avere un ruolo importante nell'economia dell'insediamento, come risulta dalla notevole frequenza di pesi da rete in piombo.
L'abbandono definitivo dell'area è il segno evidente della crisi economica che investe sia la città che le campagne, forse ancora una volta connessa o comunque aggravata dal fragile equilibrio ecologico del territorio: il fiume, lasciato a se stesso, tornò quindi ad avere il sopravvento sulle opere umane.