Infatti, attraverso il giardino e la prima sala si entra in rapporto con le opere giovanili in marmo degli anni ’40, dove il rigore classico si stempera, attraverso una consumata abilità artigianale, in una poetica di sapore naturalistico. Il passaggio agli anni ’50 è evidenziato dall’interesse per rapporti armonici dei volumi ricercati nel colore caldo della pietra e del tufo locale. Gli anni ’60 mostrano l’accelerarsi di una ricerca scultorea in cui anche la ripetitività d’alcuni temi (cavalli, figure, maternità, ritratti, soggetti sportivi) palesa una ricerca di chi è in grado di mettersi sempre in discussione e tende ad una scultura in cui l’emozione porti sempre ad una continua invenzione di valori plastici con esiti sempre nuovi. Negli anni ’70 Guidi approda a figure-totem inserite in apparenti blocchi di marmo, ma eseguiti in argilla, in cui ricerca la forma prima, l’essenzialità espressa attraverso forme pure e semplici, in un rimando ad idee e strutture archetipe. Il rigore intellettuale si scontra nelle ultime opere col dramma umano che l’uomo malato vive: nasce Il grido, testimonianza di una ribellione gridata contro una prematura fine.
Tutti i periodi dell’arte di Ugo Guidi sono presenti delle sale della casa-museo e l’abbondanza delle opere e dei materiali trattati lascia nel visitatore un’emozione che porterà a lungo dentro di sé.