La chiesa di Corsena - nucleo primitivo del paese oggi noto come Bagni di Lucca - è ricordata già nel 1073, e nel 1165 risulta ufficiata dal clero che, secondo la riforma gregoriana, accettava la regola della vita in comune. Da un documento del 1231 sappiamo che su di essa vantavano diritti i membri della consorteria dei nobili di Porcari. Dall'"Estimo" del 1260 risulta afferire alla pieve di Controne, da cui si distaccò nel 1406: forse a causa della distanza non eccessiva dalla pieve, questa autonomia fu assai combattuta e comunque fin dall'inizio concessa solo in cambio di un'assegnazione di beni alla pieve matrice. Nel 1553 risulta unita all'Università dei Cappellani della Cattedrale e dotata di ben sei altari, che nel 1575 si erano ridotti a tre, intitolati ai Santi Innocenzo, Caterina e al SS. Crocifisso. Nel 1711 la dedicazione degli altari e il loro numero è di nuovo cambiato (Madonna del Rosario, SS. Nome di Gesù, S. Antonio da Padova, Beata Vergine Maria e S. Pietro). Nel corso del XVI secolo furono fondate due attive confraternite - della Madonna del Soccorso o del Suffragio e del SS. Sacramento - cui si deve l'edificazione di due oratori annessi alla chiesa, tuttora esistenti con il loro ricco arredo. L'edificio, ampliato verso la facciata fino a includere un portico trecentesco, ha perduto la parte absidale e il campanile che, originariamente a spigolo con la facciata, sorge ora di fronte ad essa, nell'assetto ricevuto nel 1693 ad opera di una famiglia di scalpellini corsi, i Marzetti. Per le parti rimaste giudicabili, la chiesa di S. Pietro si pone come uno degli episodi più interessanti dell'architettura medievale lucchese. Analogamente ad altri edifici della zona, essa mostra chiari legami con i modelli della pieve di Arliano e di S. Martino di Coreglia. In particolare gli archetti sul fianco esterno della navata centrale presentano un'evidente analogia con quelli che ad Arliano occupano la stessa posizione. All'inizio del Novecento la chiesa fu sottoposta a un radicale intervento teso a ripristinare le antiche forme medievali andate perdute a causa dei rimaneggiamenti operati nel tempo. Il pittore pesciatino Luigi Norfini ridisegnò la facciata eretta sull'originario portico inserendovi un rosone in cemento; Domenico Martini creò l'altare maggiore, mentre a Michele Marcucci si devono le decorazioni pittoriche. All'interno si conserva un interessante apparato pittorico che testimonia l'avvenuto rinnovamento degli arredi eseguito nel corso del Seicento. Da segnalare la Madonna del Rosario di Giovan Domenico Ferrucci, il Sant'Antonio da Padova di Tiberio Franchi e un'altra Madonna del Rosario di Gaspare Mannucci. Presente all'interno anche un tabernacolo per gli oli santi di bottega civitalesca risalente alla metà del XVI secolo.