La pieve di Santa Maria e San Jacopo è citata per la prima volta come pieve battesimale in un documento del 904: nulla però resta di quell’edificio, che venne ricostruito a cavallo tra XI e XII secolo. Anche questa fase architettonica è stata in larga parte annullata da un’intervento settecentesco in cui si procedette a rialzare l’edificio e a trasformare la pianta basilicale a tre navate in una croce latina con l’aggiunta di un transetto e la costruzione di una cupola all’incrocio dei bracci. Nella facciata – modificata in questa occasione ma già prima nel Quattrocento – e nel fianco sinistro sono però ancora perfettamente leggibili resti dell’edificio medievale: in particolare sul fianco si apre un portale con ghiera in calcare bianco e corre in alto un tratto di coronamento ad archetti pensili sostenuti da mensole con ornamenti fitomorfi e animali, anch’esse in calcare bianco e avvicinabili a quelli della vicina chiesa di San Cristoforo. In facciata sono anche ricollocati tre bassorilievi provenienti dal medesimo complesso, quella che dovette essere la sepoltura di tale Lieto, pievano della chiesa. Lo stile del rilievo consente di accostare l’opera alla produzione dello scultore Biduino, attivo tra Pisa e Lucca verso la fine del XII secolo, in particolare per quanto riguarda quello che dovette essere il fronte principale del sarcofago, che narra con vivacità il momento in cui l’anima di Lieto esce dal suo corpo mortale, accolta da un angelo. Gli altri due frammenti, di minori dimensioni, dovevano costituire i fianchi della sepoltura e raffigurano un ariete e un ippogrifo. L’interno della chiesa, che ha perso qualsiasi tratto medievale, conserva numerose e pregevoli opere riferibili al XV e XVI secolo: fra queste si deve ricordare almeno il quattrocentesco tabernacolo con Cristo in pietà di Matteo Civitali, collocato oggi sul fianco destro ed un San Leonardo in terracotta sempre di ambito civitalesco. Conservata in chiesa, al primo altare di destra, anche una tavola con Madonna col Bambino tra i santi Antonio abate, Bartolomeo e Nicola di Bari attribuita ad Agostino Marti.